Contempora Langobardorum

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Contempora Langobardorum” è il titolo della mostra a cura di Chiara Argenteri e Francesca Porreca, che durerà dal 15 ottobre al 3 dicembre 2017 e si svolgerà presso i Musei Civici di Pavia. L’allestimento, che espone opere di pittura, scultura, fotografia, videoarte, grafica, poesia ed incisione, rendendo protagonisti tanti e differenti linguaggi artistici, si ingloba nella parte pavese della mostra “Longobardi, un popolo che cambia la storia”, visitabile nella sala del Rivellino e in sala VI. “Contempora Langobardorum”, dunque, si trova nelle cinque stanze della sezione Archeologica dei Musei ed è stata fortemente voluta dai volontari del Touring Club Italiano di Pavia per tentare di dare un’interpretazione contemporanea e attuale a quell’invasione barbarica di secoli fa che rese proprio Pavia capitale del regno longobardo.

«Gli artisti che presentano i lavori e le installazioni sono tutti pavesi – assicura Chiara Argenteri – Ciascuno di loro, per tale motivo, ha tenuto una grande attenzione sulla città e ha tradotto, in maniera originale, non didascalica, la misteriosa storia dei nostri antenati barbari». L’allestimento si sviluppa in cinque sale: la prima è dedicata alla scultura e vede come interpreti Silvia Manazza e Aris Marakis; la seconda è dedicata alla fotografia, con Marcella Milani e Giulia Passolungo; la terza usa la pittura, con Gunter Pusch e Rossana Schiavo; nella quarta la grafica, con Alessandra Angelini, Vanessa Fantinati e Claudia De Lucca; la quinta si conclude con la videoarte a cura di Roberto Figazzolo e alcuni allievi dell’istituto Taramelli-Foscolo (Antonio Drammis, Marta Grassi, Susanna Sassi e Adriano Zonta). «In ogni stanza – aggiunge Argenteri – si trova una poesia a tema composta da Barbarah Guglielmana, poesia che farà da collante e fil rouge dell’estrema eterogeneità. Posso fare esempi delle opere che vi si trovano: Milani racconta nei suoi scatti le barbe di uomini comuni che vivono la nostra epoca con le contraddizioni, i turbamenti e l’intrinseco senso di precarietà, mettendone in luce il valore simbolico; Manazza si concentra sulle invasioni e sul tema attualissimo dell’immigrazione; Marakis plasma una scultura particolarissima che allude al tema iconografico dell’albero della vita, per cui, soffiandoci dentro, si genera il suono cupo del corno, tipico della cultura longobarda; Pusch si servirà del conflitto tra natura e tecnologia, descritto in un mondo surreale, dal quale emergeranno animali simbolo della credenza barbara, come il cervo e il pavone; ancora Schiavo descrive i paesaggi longobardi, luoghi i quali sono null’altro che la trasposizione del silenzio interiore, che assumono per i visitatori una connotazione sacra, dove non comparirà presenza umana».